La mia odissea di aspirante graphic designer sembrava dover terminare a maggio con l’esame finale. Allora, in realtà la mia carriera di graphic designer non è mai iniziata, né mai inizierà ma è meglio così. Il corso invece è finito ufficialmente solo due giorni fa, con l’esame teorico e pratico, un’agonia durata centottantadue giorni, sedici ore e otto minuti.
Gli esami non finiscono mai (ma impari a gestirli)
A meta maggio, al termine del corso teorico-pratico, che infiniti addusse lutti agli Achei e anche alla mia fragile psiche, era prevista la prova d’esame finale al cospetto di commissione esaminatrice ufficiale. Freschi di nozioni e di pratica, tutti noi del gruppo ci prepariamo alla prova, con tutte le ansie e le preoccupazioni del caso. Nonostante le simulazioni di esame teorico e pratico, nonostante le rassicurazioni dei docenti e di chi aveva già sostenuto l’esame, grande preoccupazione e fermento serpeggiano tra i miei compagni, come già detto qui quasi tutti giovanetti e ancora poco provati dalle intemperie dell’esistenza.
Finalmente è arrivata la mia vendetta di persona matura perché a me l’idea di sostenere l’esame non ha smosso nessuna emozione. E vorrei anche vedere! dopo un corso di studi universitario che prevedeva un esame d’ammissione, quarantaquattro esami di cursus studiorum standard, due esami di fine biennio, un esame pre-laurea (che vale solo in negativo, cioè se non lo passi torni indietro ma se lo superi non ti dà nessun punteggio), una tesi con relativa discussione, quanto può destabilizzarmi una trentina di domande con risposta a scelta multipla e due scarabocchi sul pc?
Con animo sereno e pacato attendo fiduciosa il giorno dell’esame, felice di porre fine a questa via crucis ma il “destino cinico e baro” (cit.) ci mette del suo.
Il diavolo fa le pentole ma non i tamponi
Qualche giorno prima della data fatidica, la mia forma fisica ha un leggero cedimento, che non mi impensierisce più di tanto, visto il periodo di stress e di cambio di stagione. Stringo i denti ma la situazione, invece di migliorare, peggiora. Decido quindi di fare un tampone e il verdetto è tranchant: Covid. Tradotto significa che non potrò sostenere l’esame e tanti saluti. Faccio i più calorosi auguri ai miei compagni di corso – tutti bravissimi – che superano brillantemente le prove e mi rassegno a non chiudere il cerchio con il mio bell’attestato di frequenza. Invece per una botta di fortuna con la “c” l’ente formatore ha appena avviato un corso identico al mio e mi potrò imbucare alla sessione d’esame che verrà organizzata alla fine del corso, vale a dire a novembre. Il che significa che dovrò fare di tutto per non dimenticare quelle quattro cose che ho trattenuto dalle frustrantissime lezioni di Illustrator e Photoshop dei mesi precedenti.
Illustrator o Photoshop per me pari sono
Usare i programmi di grafica è un po’ come suonare uno strumento musicale. Ti devi esercitare ogni giorno per acquisire dimestichezza con le varie funzioni, ricordarti le opzioni degli strumenti, imparare le scorciatoie da tastiera – che, appunto perché sono scorciatoie, fanno risparmiare un po’ di tempo – e poi, ma non è il mio caso visto che sono una frana, andare anche esplorare le mille potenzialità che questi programmi offrono. Va da sé che tra lavoro, ferie, momenti in cui non ce la pensi per niente di metterti seduta a una scrivania, attacchi di pigrizia diffusi, Illustrator e Photoshop del mio Mac hanno dormito sonni profondissimi e indisturbati. E come per incanto, è trascorsa l’estate, è passato settembre, è volato ottobre ed eccoci qua. L’esame incombe ma la preparazione è ferma a sei mesi fa. Grazie alle mie fantastiche colleghe del reparto grafico rispolvero qualche trucchetto e qualche comando basilare di AI e PS, per la teoria andrò a sentimento. Tempo per riprendere gli argomenti non ce n’è.
Arriva il giorno fatidico e mi ritrovo davanti alla sede d’esame con una morra di gente sconosciuta che però dice le stesse cose che dicevo io con i miei colleghi di corso qualche mese prima. Se chiudo gli occhi e mi immagino i volti dei miei compagni di corso, ascoltando le conversazioni mi sembra che siano lì con me. Dalle poche battute che colgo mi rendo subito conto che ogni gruppo ha figure fisse e predefinite: il Genio, il Rincoglionito/a, il Secchione/a, lo Spaesato/a, il Tardiv/a Digitale, il Cazzone, abbastanza facili da individuare con grande divertimento (mio).
La prova teorica scorre via tranquilla e serena, anche se è iniziata con 45 minuti di ritardo perché il Rincoglionito del gruppo aveva sbagliato indirizzo, era andata chissà dove. I vaffanq che gli ho mandato spero siano andato a buon fine. Dopodiché tocca ai primi otto candidati a sostenere la prova pratica. Visto che sono l’ultima del corso precedente, pensavo che magari mi avevano messo in cima alla lista. Così, giusto per mettere fine a questo strazio. Invece no, sono nel secondo gruppo, che sarà esaminato due giorni dopo. Vabbé, fa niente. Giorno più, giorno meno…
Ma la rimandite è in agguato e colpo di scena: il giorno prima una mail avvisa che per motivi sconosciuti la sessione è rimandata di altri due giorni. Il destino forse mi sta dicendo qualcosa?

Buttarla in caciara è sempre un’opzione
Il giorno designato (D-Day) la responsabile dell’ente di formazione arriva nell’aula destinata all’esame e si rende conto di aver dimenticato il pc con i programmi installati. A questo punto mi cala un panno davanti agli occhi e spero che non sia una scusa per rimandare ulteriormente l’esame. Fortunatamente il pc si materializza in men che non si dica e inizia la sessione. Sono la quinta in lista ma i candidati non sono esaminati tutti di fila, la commissione fa una pausa indovina quando? dopo il quarto. Quindi devo aspettare altri dieci minuti prima di poter finalmente posare le mie nobili terga sulla sedia della postazione allestita per l’esame.
I docenti consigliano di spiegare quello che fai al computer, un po’ per dare modo alla commissione di seguire le operazioni e far vedere che sai fare le cose (n.b. la commissione esaminatrice è composta da gente che lavora in Regione a vario titolo, ma nessuno ha competenze di grafica) e un po’ per scongiurare l’abbiocco post prandiale, visto che l’esame si è svolto nel primo pomeriggio. Solitamente in queste circostanze mi attengo al minimo indispensabile, parlo se interrogata e non aggiungo nulla che possa essere usato contro di me. Invece in questa occasione, esacerbata (bella ‘sta parola eh, invece di dire che avevo le palle stracciate da mesi di stand by) dalla lunga attesa, è partita la SUPERCAZZOLA.
Complice anche l’atmosfera molto rilassata degli esaminatori, la benevolenza dei docenti e l’aria carbonara da gruppo ristretto di persone, mi si è sciolta la lingua ed è uscita una specie di numero di cabaret, grazie anche alla brillante spalla che era il docente di grafica, che mi offriva la battuta su un piatto d’argento. Ho spiegato perché ero “ripetente”, che cosa stavo facendo (un 6×3 che pubblicizzava l’apertura di un nuovo negozio di abbigliamento sportivo), perché facevo così invece che colà, come lo facevo e la rava e la fava. Ad un certo punto mi sono anche scusata della caciara autoprodotta e ruffianamente ho detto che lo facevo “per tenere sveglia la commissione”. Qualcuno alle mie spalle – non so chi – mi ha ringraziato. Applauso finale e finalmente anche questo corso è diventato storia.
Tutto è bene…
Alla fine, tutto è bene ciò che finisce bene. Soddisfatti i docenti, soddisfatti gli esaminatori, soddisfatti i responsabili dell’ente di formazione, soddisfatta la sottoscritta, che dopo centottantadue giorni, sedici ore e otto minuti finalmente riesce ad aggiungere un’altra inutile voce ad un curriculum che nessuno legge. Ma che la sottoscritta userà per delinquere graficamente.
bravissima! come vedi l’età avanzata ha i suoi vantaggi: un giusto mix tra gestione-stress e paraculismo. Ora che sei così scafata, ampie strade si aprono alla tua carriera da copy… evvai!
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