che permette ai disabili di girare ovunque senza sentirsi cittadini di serie B, in cui un reduce di guerra mutilato chiede l’elemosina all’angolo della strada; che ha un grande magazzino che occupa un intero isolato, e un barbone con i vestiti letteralmente a brandelli che passa davanti a quel monumento all’opulenza senza potersi permettere nulla; in cui la bandiera nazionale è presente ovunque, anche sulla riva di un fiume, e che per gli abitanti primitivi era simbolo di morte; in cui il meltin’ pot, il crogiolo delle razze, permette a bianchi, neri e gialli di convivere (più o meno) pacificamente, ma non ha funzionato per i nativi, spazzati via dalla prima pulizia etnica della storia moderna; dove la natura è regina, ma è stata anche calpestata; in cui l’istruzione raggiunge vette di eccellenza, ma qualcuno ti chiede se per raggiungere l’Europa ci vuole l’aereo o è sufficiente il treno.
Ho visitato un Paese ossessionato dalla sicurezza ma che permette ai ragazzi di girare armati; in cui si lasciano ciotole di acqua pulita sui marciapiedi per i cani; che ha la pena di morte in vigore; dove ci si può sposare, vestiti con un paio di jeans e una camicia bianca, davanti a una cascata; dove uno sconosciuto ti cede il suo buono sconto per fare acquisti. Un Paese in cui gli abitanti, anche se non sanno la tua lingua, si sforzano di essere chiari e comprensibili, ti danno il benvenuto con un sorriso come se stessero aspettando proprio te da chissà quanto tempo e ti ringraziano di aver visitato quel monumento; un Paese in cui gli impiegati delle banche fanno la fila alla caffetteria con sguardo alienato e perso nelle loro faccende e se ne fregano se non sai che la grandezza della tazza del caffè Tall è la piccola, Grande è la media e Venti è la grande, loro vanno spediti a mille all’ora per la loro strada e mentre tu rimani a chiederti perché si chiama Grande anche se poi non è così grande, loro sono già seduti alla scrivania a lavorare perché time is money, il tempo è denaro.
Ho visitato un Paese in cui quasi nessuno fa il furbetto per saltare la fila, e se qualcuno lo fa, si ritrova in coda perché “there are rules“, ci sono le regole e vanno rispettate da tutti. Ho visitato un Paese che ha inventato la gomma da masticare e sui marciapiedi delle sue città non se ne vede nemmeno mezza spiaccicata per terra; un Paese che ha mercificato in orrida paccottiglia da due soldi una tragedia come quella delle Torri Gemelle; un Paese in cui le coppie omosessuali sono viste semplicemente come due persone che si vogliono bene e non come una minaccia all’integrità della famiglia; ho visto un Paese che ha trasformato l’eccessivo benessere alimentare in un’emergenza sociale, un Paese che ha accolto un numero impressionante di emigranti, compresi i nostri nonni e bisnonni. Con fatica e duro lavoro, loro si sono reinventati una nuova vita. A volte ce l’hanno fatta, a volte no; molti l’hanno benedetto, questo Paese, altrettanti l’hanno maledetto, tanti non sapevano nemmeno scriverne il nome: Lamerica, l’America o la Merica?

[fine prima parte]
Quello che hai scritto in realtà rappresenta esattamente la contraddizione di un paese come L’America o La Merica o che dir si voglia: tanto capace di aprirsi, quanto capace di chiudere. Laddove apre agli omosessuali, chiude al colore della pelle, e finge aperture dove vive sottesa la violenza più cieca e ignorante. Ma è anche un Paese al top del fermento culturale, della rivoluzione giovanile, della musica come protesta. Non lo so, Lo’… a volte vorresti che non ci fosse, ma se ci pensi, senza potresti anche impazzire!
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credo, se ho ben capito, che il tuo resoconto dipinga un paese denso di contraddizioni. Un popolo estremamente particolare dove secondo me dal punto di vista sociale sono indietro anni luce e dove il capitalismo ha imposto il denaro come unico dio e tutto il resto in secondo piano. Nel 2013 non è accettabile un paese occidentale (e quindi di proprio conto si definisce “civile e democratico”)con la pena di morte, assenza di un sistema sanitario nazionale e la vendita di armi praticamente a chiunque (tratto dai simpson – Armiere: “vediamo…lei ha avuto numerose condanne per rissa, ubriachezza ed alcuni esaurimenti nervosi” Homer: “no la prego io devo avere una pistola” Armiere: “Tranquillo, significa che il suo limite è tre pistole”). Poi magari sorvoliamo sul fatto di intercettare il mondo credendo il proprio giudizio insindacabile, bombardare a proprio piacimento paesi per portare pace e democrazia, immischiare la propria intelligence in ogni stato sudamericano e non che si ribelli al capitalismo, avere avuto il coraggio di sganciare una bomba atomica…poi d’altra parte ci sarebbero i simpson, il cinema, la musica rock, lou reed e tante altre cose dal punto di vista culturale. Secondo te basta per arrivare alla sufficienza? Secondo me no.
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sì, il senso del post è quello, elencare alcune delle contraddizioni che mi sono saltate all’occhio in un soggiorno da turista – e pertanto superficiale, incompleto, frettoloso. Ero partita prevenuta, sono tornata confusa. Possiamo mettere sui piatti della bilancia un milione di cose, ma alla fine “il peso” lo decidiamo noi, di quelle più importanti o di quelle meno. Pesa di più un sistema sanitario che (almeno per ora) è accessibile solo ai ricchi rispetto al nostro che è “di base” ma che di fatto è in mano ai privati (mai provato a prenotare una visita presso una struttura pubblica)? Pesa di più il fatto che “l’ascensore sociale” funzioni ancora lì rispetto al nostro mondo del lavoro che è fatto di caste chiuse, anzi blindate, il farmacista lascia la farmacia al figlio, il figlio dell’avvocato eredita lo studio (e il parco clienti) del padre e il figlio del portinaio eredita la guardiola? Non so, credimi, non so davvero, ci sto ancora pensando.
E se uno straniero guardasse la nostra situazione attuale, NOI arriveremmo alla sufficienza?
Ti abbraccio!
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…che si senta padrone del mondo, perché C’E’ il mondo?
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