All You Need Is Bruno

10 ottobre 2012 – Su di me, “Porta a porta” di Brunone Vespa ha lo stesso effetto della kryptonite per Superman. Non la guardo mai, ma proprio mai, e tutto quello che so di questa trasmissione sono informazioni di seconda mano, perché ne parlano tutti, viene “blobbata” ogni sera, tanto che dopo un po’ mi pare di averla vista veramente.

Martedì 9 ottobre però ho fatto un’eccezione e l’ho vista tutta. L’argomento era la musica, nella fattispecie si ricordava l’uscita di Love Me Do cinquant’anni fa e incidentalmente, il compleanno di John Lennon.

Ospiti della serata: Peppino Di Capri, che ha condiviso coi Beatles il palcoscenico del Vigorelli nelle date milanesi della tournée italiana; Catherine Spaak, in qualità di partecipante al concerto romano al cinema Adriano; Edoardo Vianello, vestito con un funereo gessato grigio da boss di Broccolino; tre-quattro nanerottoli di età compresa tra gli otto e il dodici anni, che ho scoperto essere i cantanti in erba della trasmissione della tettona bionda Clerici. Un’armata brancaleone in piena regola. Già con questa formazione c’era da spegnere la tv e aprire un bel libro, ma ho resistito. Dopo dieci minuti di manfrine e banalità, suona quel campanello del menga ed entra… ta taaaaa! Marino Bartoletti! Tra le decine di nefandezze di cui è reo, la rubrica al Giro d’Italia che si chiama “Bar … toletti” è la più nefanda: ospiti eterogenei si scatenano in morte chiacchiere da bar, appunto, però in formato digitale terrestre. Roba da codice penale. Ogni volta che un corridore vince una tappa, il diligente Marino si lancia in improbabili e arditi parallelismi tra l’atleta e i Beatles. Adesso che si parla di musica, sicuramente sarà in grado di sfoderare un’illuminante accoppiata, che so, Nibali-Lennon. Tremo al solo pensiero. Mi preparo a resistere, ma la kryptonite comincia ad indebolirmi. Bartoletti non fa a tempo a posare le chiappe sulla poltrona che ding dong, altra scampanellata e arriva Dario Salvatori, critico musicale e conduttore radiofonico, vestito sempre alla stessa maniera da ormai venticinque anni, almeno dai tempi di “Quelli della Notte”: giacca rossa a quadrotti, string tie e pantaloni borchiati stile Jim Morrison. Con la leggera differenza che l‘unghia del mignolo del piede del Re Lucertola sprizza mille volte più sex appeal. Le cazzate e le imprecisioni si sprecano, tutte notizie spacciate per scoop mondiali che poi risultano essere pettegolezzi, anche vecchi. Sono in evidente affanno, la kryptonite sta minando la mia resistenza, ma stringo i denti, perché il peggio è dietro l’angolo. Cioè è dietro il satellite, visto che in collegamento da Londra c’è nientemeno che Antonio Caprarica e da qualche altra sede Rai nientemeno che Paolo Limiti, il re della nostalgia televisiva, il principe dell’amarcord, il signore del ricordo sotto naftalina. Caprarica sfoggia la sua solita cravatta color pastello e la sua voce fintamente ironica e veramente irritante; snocciola una serie di fatti e avvenimenti che fanno venire l’orchite, mentre Limiti, la cui età è ormai un mistero profondo, pari solo al terzo di Fatima – pare infatti che volesse intervistare Beethoven ma non si era accorto che non sentiva le domande – elargisce perle di conoscenza musicale che nemmeno Adorno.

In tutto ciò, ogni tanto i nanerottoli canterini si esibiscono come foche ammaestrate in versioni nazional-italico-popolari delle canzoni più famose del quartetto di Liverpool, senza vergogna alcuna. Ma proprio nessuna. Il carico a coppe ce lo mette Edoardo Vianello, che celiando (ma nemmeno poi tanto) si lamenta che i Beatles gli hanno tolto visibilità e gli hanno impedito di diventare ancora più famoso. Perché quella milionata di copie dei Watussi o di A-A-bbronzatissima gli sembrano poche.

Ormai sono prostrata, la kryptonite mi sta per uccidere, manca il colpo di grazia che viene da un’inedita intervista del TG1 a Yoko Ono, registrata il giorno prima del crollo delle torri gemelle e dimenticata nel bailamme che è seguito (e col senno di poi sarebbe stato meglio che fosse rimasta sotto le macerie di ground zero). Dopo una serie di domande di una banalità imbarazzante, il botto finale.

Giornalista: Ha mai provato a pensare a cosa avrebbe scritto John oggi?

E qui ho perso i sensi e anche le staffe. Ma che cazzo vuoi che scrivesse? Che siete una banda di imbecilli, ecco cosa poteva scrivere… anzi ve lo avrebbe detto direttamente in faccia, visto che era uno con pochi peli sulla lingua.

Cara Rai, non ti occorre produrre fiction di plastica, fornire informazione addomesticata, scimmiottare i reality delle tv commerciali: per andare completamente a fondo, tutto quello che ti serve è Bruno.

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